sabato 23 aprile 2011

Riace Village: un esempio di società Civile

Questa è una storia particolare, questa è una storia diversa, da quello che siamo abituati a sentire e vedere nella nostra terra calabra, ma anche nella nostra Italia. Un esempio di buona politica, di cittadinanza attiva, di idee all'avanguardia. 

Un esempio su come si possa costruire e trarre anche un guadagno per il territorio da un problema quale l'immigrazione, di come rivalutare il territorio, di come costruire una convivenza pacifica e solidale fra gente del luogo e migranti. Prima ancora di diventare sindaco della cittadina reggina,

Domenico Lucano era un personaggio attivo sul territorio ancora prima di diventare sindaco di Riace, con l'associazione Città Futura - Don Giuseppe Puglisi, da lui stesso fondata, impegnato sin dai primi anni '90 nella solidarietà verso i migranti, che gli valse il soprannome 'Mimmo de Curdi'.

L'idea base messa appunto nel comune di Riace è quella di dare una casa ed un lavoro ai migranti, in modo da ridurre i costi di mantenimento, migliorare l'economia locale e rivalutare parti del paese oramai abbandonate. "Ai centri d'identificazione, o ex Cpt, ogni migrante costa al giorno dai 60 ai 70 euro. Qui a Riace costa 20 euro al giorno, e lavora, risollevando la nostra economia" dice lo stesso Lucano.

Il lavoro dell'associazione e di 'Mimmo dei Curdi' comincia nei primi anni '90, decisivo fu poi lo sbarco di 300 migranti nel 1998 cui lo stesso Lucano assistette. “Noi in Calabria non chiediamo mai a un ospite ‘da dove vieni’?” spiega, “eravamo impegnati  a immaginare un riscatto per questi luoghi, un ritorno al senso di identità”.

Come per tutte le altre realtà del Sud, complice l'emigrazione secolare e lo spostamento verso i centri moderni, vi è una progressivo spopolamento delle zone storiche. “La parte storica si svuota. Adesso è tornata a circa 1.800, di cui un centinaio circa sono immigrati”. 

Il comune di Riace aderisce al Piano nazionale di accoglienza sin dal 2001 ed accogliemigranti che chiedono asilo politico provenienti dai centri di Lampedusa o di Crotone: “Si tratta soprattutto di Curdi, Eritrei, Nigeriani, Somali. Gente che scappa da guerre e carestie. Il nostro obiettivo era coniugare le aspettative del territorio e l’accoglienza”.

Venendo alla parte economica, lo stato italiano sostiene una spesa di circa 70-80 euro per mantenere un migrante in una delle sue strutture quali ad esempio i CPT mentre a Riace questo costo cende a 20 euro al giorno, con un guadagno per l'economia locale visto che al migrante viene data la possibilità di lavorare. 
 “Semplice: basta trovare loro una casa e un lavoro: chi viene qui in gran parte scappa dalle guerre e chiede solo di lavorare”. "Grazie ai migranti Riace è passata dalla rassegnazione per una morte civile, al riscatto economico".

Come spiega il sindaco, l'amministrazione non ha fatto altro che sfruttare al meglio le leggi nazionali, facendo in modo che facendo solidarietà si è anche ottenuto un ritorno per lo Stato.
"Dal secondo governo Berlusconi abbiamo aderito al bando del ministero dell'Interno per la presa in carico dei migranti in attesa dello status di rifugiato e per i migranti in via di identificazione, che a noi costano un terzo che nei centri come Lampedusa o Gradisca d'Isonzo".

"Mi stupisco delle reazioni di certi sindaci che vedono la presenza di migranti come un problema di ordine pubblico - chiude Lucano - dopo l'emergenza dei mesi passati, quando a Lampedusa continuavano a sbarcare ragazze e ragazzi giovani ma anche molti cadaveri, sono rimasto colpito negativamente dalla risposta della signora Letizia Moratti, che ha offerto da Milano ospitalità per 20 migranti. Forse anche in risposta a questo atteggiamento il consiglio comunale ha deciso di offrire ospitalità per duecento di loro".

Ma il ritorno economico vi è stato anche per la popolazione, grazie a queste attività circa 30 ragazzi del posto hanno un'occupazione e molti migranti extracomunitari hanno probabilità di lavorare, "creando un circolo economico virtuoso che ha portato a Riace anche parecchi turisti nordeuropei, incuriositi da questo borgo medievale ripopolato da Etiopi e afgani, il che ha permesso a bar e ristoranti di assumere altri giovani - sintetizza il sindaco - La nostra scelta di accogliere e integrare i migranti non dà solo lavoro ai nostri calabresi che si sono riadattati come docenti ai corsi d'inserimento professionale (dalla vetreria ai corsi di ricamo e cucito per le ragazze somale) ma attira anche un indotto che ha fatto rinascere un borgo che a inizio anni'70 contava il doppio di abitanti e che si era svuotato nel corso dell'ultima grande migrazione verso Genova Milano Torino".

Dopo Riace anche i comuni limitrofi di Stigliano e Caulonia si sono inseriti nella rete dei corsi di riqualificazione professionale e integrazione per migranti. "All'inizio c'era un po' di diffidenza per la prima ondata di migranti che aiutammo: erano un centinaio di curdi turchi sfuggiti all'esercito di Ankara o iracheni scappati dai gas di Saddam. In pochi mesi trovai loro un rifugio. L'idea non è originale: in centro c'erano decine di case abbandonate, lasciate da chi era emigrato non "in AltaItalia'', come diciamo qui, ma in un altro continente. Mi attaccai al telefono e i nostri concittadini emigrati in Venezuela, Argentina, Canada, Australia, non se la sentirono di negare un tetto a chi cercava la fortuna altrove, come avevano fatto loro decenni prima. Così è cominciato tutto”.

Dominico Lucano è una persona virtuosa e da calabrese riesco ad apprezzare ancora di più la sua opera. Purtroppo la gente come 'Mimmo dei Curdi' in questa Terra può dare fastidio a qualcuno (se non a molti). Quando nel 2009 fu confermata la candidatura nel giro di un mese o poco più vi furono diversi atti contro la sua persona: spari contro il ristorante 'Donna Rosa' dove si riuniscono gli amici della lista civica, che ne hanno infranto la vetrina; proiettili contro il portone del palazzo Jannò in centro che ospita la associazione progressista 'Città futura'. L'avvelenamento dei fidati compagni di Lucano, tre pastori di razza indefinita uccisi con polpette avvelenate.



Qui di seguito una serie di informazioni relative al 'Riace Village' ed alle attività dell' Associazione Città Futura.





Riace village



Riace Village è la prima idea dell'associazione, che dall'accoglienza dei profughi kurdi nell'estate del'98 capì l'importanza di far rivivere le case di Riace. Riace Village è l'idea centrale dell'associazione, è il mezzo atraverso il quale si diffondono le altre idee, è la benzina dentro al motore di tutte le attività, che si svolgono a Città futura, è la porta d'ingresso di questa città ideale. Riace Village è fondata sull'ospitalità e sull'accoglienza, per dare ai viaggiatori la possibilità di essere a casa, di incontrarsi e scambiarsi il contenuto del proprio bagaglio, di partecipare attivamente, di essere responsabili e partecipi alla costruzione di una Città futura.


Integrazione


Quando è nata l'Associazione, la prima cosa, che abbiamo pensato, è stata quella di dar vita ad un villaggio multiculturale, dove fosse facile parlare la stessa lingua, per poter tutti insieme andare avanti. Quando abbiamo cominciato, sentivamo il bisogno di forze, energie, che venissero da fuori, che rispolverassero vecchie usanze culturali della nostra terra, le più autentiche e positive, legate all'accoglienza e all'ospitalità. E' stato un cammino felice, aiutare la gente, che, in cerca di una possibilità di cambiamento, si è trovata a passare di qua, è stato un cammino fruttuso per l'Associazione, che è cresciuta e si è ingrandita grazie a loro. Oggi siamo un centro di accoglienza per rifugiati e richedenti asilo, un'alternativa alla logica assistenziale di favore malconcesso dei CPT e, credo, un tentativo di fermare l'espansione dell'odierna società globalizzata, che richiama gli uomini a spostarsi, per le differenze sociali ed economiche, sempre più grandi fra nord e sud. Oggi spero di poter parlare la stessa lingua di questi uomini, di poter scambiare con loro qualche parola, che non sia danaro, ma diritto e dignità.
                                                                                                       Domenico Lucano

Laboratori


 Ci sono voluti per me molti anni di esperienza, per apprendere quel poco di questa antica arte tramandata, che le donne più anziane conoscevano e custodivano, alcune volte anche gelosamente nei loro ricodi. Ci è voluta tanta pazienza, tanta speranza di creare qualcosa di buono, qualcosa di utile a tutti, un filo tra il passato e il presente. Oggi mi è di grande conforto vedere come i bambini del luogo siano contenti e felici di imparare quel poco che so.
                                                                                                                    Pina Sgrò



Taverna



 Deve il suo nome, "Donna Rosa", ad una venditrice ambulante di stracci, che in un epoca in cui si usava barattare inseme alle cose anche un po' di solidarietà, qui, sulla piazza di fronte alla taverna teneva il suo mercato, in dei momenti di spaccato del quotidiano rimasti indelebili per la memoria collettiva. Oggi tra i piatti della tradizione calabresi e i sapori e i profumi delle cucine del vicino Oriente nasce un leame a voler ricordare quelle solidarità umane che uniscono ancora i popoli e le loro culture.





 L'Associazione insieme con Lunaria, un ente no-profit che organizza a livello internazionale campi di lavoro giovanili, ogni anno propone nuove iniziative ai ragazzi volontari. Le attività dei campi si intrecciano e interagiscono con quelle dell'Associazione, nella raccolta della ginestra, nella raccolta delle olive e nell'organizzazione degli eventi estivi, in una sorta di sinergia, che coinvolge anche i giovani del paese, con l'idea di divulgare e far crescere insieme una città futura.




Gite



 l'Associazione propone da circa due anni alle scuole la visita alle attività e le iniziative che svolge a Riace. Per i ragazzi è un'occasione interessante per conoscere e interagire con una realtà di sviluppo alternativa, incentrata sui principi fondanti delle comunità contadine e pastorali del luogo ma proiettata verso il modello turistico etico-responsabile.





Festa della Ginestra



La festa è una rivisitazione storica del percorso lavorativo del filo di di ginestra, che rappresenta nella tradizione contadina del luogo una pietra miliare e un frammento della sua cultura. Ogni anno si tiene ai primi di luglio, quando per la pianta finisce il periodo di fioritura, si tiene la raccolta, la bollitura, la macerazione, la battitura e la cardatura dei fasci di ginestra per estrarne il filo, che è ideale per tappeti e coperte, che è resistente e duraturo. Ogni anno per celebrare questo evento l'Associazione invita molti tessitori provenienti da tutta Europa per partecipare, esporre i propri lavori, mostrare e condividere le proprie esperienze. Ogni anno si tiene una festa, che si rifà alle nostre radici e alle nostre tradizioni, tra balli e musica popolare, le fiere contadine e mercatini di piazza. Ogni anno si tiene una festa, che guarda avanti ma che è già tradizione. Pina Sgrò


Riac...cendi il Borgo



La festa "Riac...cendi il borgo" è una metafora, sulla quale abbiamo costruito tutta la nostra esperienza per contrastare il senso di rassegnazione e di oblio sociale che spesso domina i contesti e le realtà come Riace. L'inizio della festa comincia all'alba con i preparativi e la predisposizione degli stands degli artigiani, che ripropongono gli antichi mestieri; verso il tramonto iniziano i giochi della tradizione popolare a cui partecipano tutti i ragazzi del luogo; poi la sagra dei "vermituri" (lumache in letargo), un'antica ricetta dei giorni di festa di Riace, e via via la piazza diventa un incandescente scenario di partecipazione collettiva alle danze e ai ritmi incalzanti della tarantella e dei suoni dei cantanti popolari; sul finire nel cuore della notte la festa si conclude con una spettacolare esibizione del "ballo du camiddu", un'antica rievocazione tra fuochi, fumi e danze irrefrenabili delle antiche scorrerie saracene e turche. Il "ballo du camiddu" o anche detto "la danza del ciuccio" è la sagoma di un asinello colma di fuochi di artificio, sotto la quale danza un uomo al ritmo dei tamburi e della tarantella.




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